Il futuro – riflessioni sadomaso

L'immagine più soft che abbia trovato...- presa dal web

L’immagine più soft che abbia trovato…- presa dal web

I titoli li faccio così, mettendoci sempre i doppi sensi, per aumentare le visite degli ignari visitatori. Ma sulle strane ricerche che portano a queste pagine dedicherò presto un secondo capitolo. Andiamo oltre.

Ma stavolta il sadomaso c’entra, almeno un pochino. Stare a farsi le pippe mentali sul futuro è un po’ da masochisti, ammettiamolo. E anche fare dei post su questo tema, in modo che altri condividano le proprie paranoia, è un po’ da sadici. Ma tant’è, stasera, anzi stanotte, va così.

La bella nevicata, placida ma apparentemente instancabile che si sta consumando fuori dalla mia finestra di certo concilia un umore più meditabondo del solito. E allora meditiamo, una volta tanto. Non voglio fare speculazioni sul futuro, chiedermi come sarà la mia vita tra tot anni o cose del genere. Le mie meditazioni sono ben più terra terra. Il punto è: dove voglio andare? Cosa voglio fare?

Ovviamente io è un soggetto da ricalibrare. Io sono individuo a sé stante e allo stesso tempo faccio parte di un noi. In questo momento storico questo noi è un trio. E per quanto le decisioni mie e di lui si ripercuotano anche su di lei, a questo giro la bimba non ha ancora l’età legale per contribuire attivamente e/o consciamente alla decisioni da prendere.

Allora, dicevo, cosa voglio fare? dove voglio vivere?

Mi chiedo spesso questa cosa e rimando sempre, a un imprecisato futuro, la risposta. Penso che in fondo ci sia tutto il tempo del mondo, che prima eravamo a Livorno in due, poi a Friburgo in due, poi a Friburgo in tre, consci che non fosse una sistemazione definitiva, ma in bocca c’era sempre un “si vedrà”. E ora mi sa che è proprio il momento di vedere. Ci sono cose in moto che non dipendono da me, ma da lui. Magari spunta una proposta di lavoro in Tibet, e tutta la famiglia, allegra e agile, decide di cogliere l’opportunità al volo e di seguire questa nuova fantastica scia.

Ma fermandosi un momento ad analizzare la situazione, lui ed io, io e lui, abbiamo realizzato che forse non siamo poi così tanto in balia degli eventi. Che forse potremmo sempre rivedere le cose, raddrizzarle sotto un’altra prospettiva e decidere qualcosa in base a cosa vogliamo davvero. Mi spiego.

  • Potremmo decidere che il mio pallino per il commercio è una cosa da coltivare, aprire qualcosa qui a Friburgo, per restarci. Un caro saluto alla fisica delle particelle, benvenute aziende (che ci illudiamo lo possano assumere, è da vedere). Io ci sto, credo.
  • Potremmo decidere che la carriera da fisico delle alte energie è una risorsa così preziosa da restare il traino di tutta la famiglia e dei suoi sogni da ricercatore. La prima proposta valida ricevuta viene accettata, che sia in Tibet o dietro l’angolo. L’insegnante di italiano io la posso fare ovunque. Pronti si parte via. Io ci sto, credo.
  • Potremmo decidere che in fondo a Livorno non ci si stava poi tanto male, che continuare a vivere, figliare, crescere, invecchiare, lontano da tutto ciò che è famiglia, affetti, casa, non fa per noi, e ritornare all’ovile. Magari arrangiarci come fanno in tanti dei nostri amici e vivere un po’ alla giornata, sfruttando quello splendido stato sociale che l’Italia ci offre di questi tempi – cioè i nostri genitori e i nostri nonni. Magari apriamo un un B&B o un ristorante, che tanto pare che a Livorno ne spuntino come funghi. Io ci sto, credo.

Il succo è che, al di là degli eventi più o meno fortuiti e dalla fortuna per un colloquio, o un altro, di lavoro, all’improvviso la precarietà del nostro futuro prossimo mi è sembrata semplicemente effimera. Cioè, il futuro è precario, ma le possibilità mi sembrano tante, e tutte invitanti. Così davvero mi devo rispondere: cosa voglio fare? dove voglio stare?

E all’improvviso mi rendo conto che non lo so. E se Livorno fosse uno stagno e, accecati dalla resistenza del Baden-Württemberg alla crisi, ci lanciassimo in un suicidio economico, ritornandoci? E se le gioie del vivere vicini alla famiglia di origine fosse triturate da un’implacabile quotidianità, e non ce le godessimo più? E se la dolcezza del clima livornese fosse offuscata dai disagi di una città sempre più trascurata? E se gli amici nel frattempo si fossero rivolti, giustamente, ad altri amici e avessero per noi giusto gli stessi sprazzi che ci dedicano quando torniamo per le vacanze, e la rete delle amicizie fosse da ricostruire da capo?

E poi ancora, e se stare a Friburgo mi apparisse così invitante proprio perché finora ci ho vissuto sapendo che si trattava di una permanenza a termine? E se avessi mitizzato i pregi di questi tedeschi perché in fondo non li conosco poi così bene? O perché ho generalizzato le cose belle di quelle persone fantastiche che ho incontrato finora, senza indagare oltre? E se arrivare ad una competenza C1 di tedesco, minima per un qualche altro lavoro, fosse davvero così difficile come sembra?

E poi ancora, e se il nuovo posto dove vince un contratto lui fosse tanto bello da fuori, ma poi scava scava, una merda? E se fosse ancora più difficile di qui fare nuove amicizie? E se fosse una follia fare traslochi internazionali con una bimba di meno di 3 anni? E se il mio cervello avesse finito lo spazio per le nuove lingue?

Son tutte domande che mi faccio, ma che non credo portino a molto. Il punto è che, per una volta che le scelte non sono obbligate e non sono dettate solo da fattori esterni, ma dipendono da cosa vogliamo davvero e da dove vogliamo veramente andare, il gioco si fa duro. Non ci sono paraventi, ci si deve guardare dentro, ed essere sinceri e capire cosa fare della propria vita. E io dentro ci guardo, e trovo solo dubbi. Oscillazioni del tipo “mamma, pappa, nanna–>torniamo a casa che mi sento al sicuro, anche se senza lavoro, coi soldi che finiranno prima o poi, ma stretti stretti, vicini vicini, che ci vogliamo tanto bene, e poi a casa ci sono babbo e mamma”(regressioni infantili) e altre del tipo “io sono la reincarnazione dell’Indiana Jones al femminile del nuovo millennio, un caterpillar, un carro armato inarrestabile alla scoperta di nuovi angoli di mondo –> trasferiamoci in capo al mondo, noi tre insieme possiamo tutto, ce la caveremo, che vuoi che sia un altro trasloco, ricominciare daccapo, sistemarsi altrove, se davvero questa vita la vogliamo mordere, se non ora quando?” (deliri di onnipotenza). Forse sono affetta da sdoppiamento di personalità e mi devo far vedere da qualcuno parecchio bravo.

Nel frattempo fuori continua a coprirsi di bianco e per quanto la meditazione sia stata conciliata da tutto questa neve notturna, non sono giunta a grandi conclusioni, se non che devo fare i conti con me stessa, coi miei desideri e le mie aspirazioni, e con lui (i suoi desideri, le sue aspirazioni) e cercare di cavarne un’idea di futuro in cui vedercisi dentro, insieme.

Intanto buonanotte.

Poi vedremo come andrà a finire.

Io l’avevo detto che era un post sadomaso.

10 commenti

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10 risposte a “Il futuro – riflessioni sadomaso

  1. Anonimo

    Brava. Stai collettivizzando le tue valutazioni sulle vostre decisioni personali. Questo porta (almeno in teoria) a decisioni che, essendo partecipate, avranno un valore in più. Questo valore di confronto si applica a prescindere dai riscontri che avrai dalla gente. È il solo scrivere e pubblicare ad essere la realizzazione di questo processo.
    Giorgio
    PS- commento inutile ergo masochista 😉

    • Potrei inaugurare un social forum per discutere della questione, la “Porto Alegre” della mia famiglia, che dici? Scherzi a parte, grazie, sia per il commento masochista che per l’incoraggiamento. Qualche volta non sono sicura che la condivisione del personale faccia bene a prescindere, ma poi rinsavisco e pubblico un nuovo post 😉

  2. Buongiorno Nicla, mi è sembrato che dai primi post a questo ci sia di mezzo il mare… non so se quello di Livorno, ma certamente non quello del Baden vattelapesca. I cambiamenti difficilmente arrivano quando si è pronti, al massimo si tira un sospiro e si dice “sono pronto”, ma è da vedere!
    Noi abbiamo cominciato da anni un percorso adottivo, mai immaginandone tutti gli anfratti e le difficoltà, i trabocchetti che presunti amici dei bambini tendono a chi vuole dare una famiglia a questi pupi o pupe. Oggi che siamo arrivati quasi – e sottolineo quasi – al dunque, oggi che abbiamo affrontato corsi, informative letto e straletto, dopo esserci convinti che quello che facevamo era bello, ci avrebbe dato ciò che ci mancava e che tanto desideravamo, bhè non è che siamo spaventati, non è che siamo disillusi o che non ci emozioniamo più all’idea dell’incontro con l’altro che poi diventerà un “insieme a noi”: ci chiediamo invece m,a chi ce lo ha fatto fare, cambiare a 51 anni le nostre abitudini, la nostra vita fatta di quello che ci pare.
    Dice una canzone di Bertoli che”il cambiamento impone la reazione”: forse è una strada in salita ma va percorsa a passo certo.
    Il vero cambiamento siete voi lì che insieme decidete, il più possibile esenti dalle forzature del sistema.
    Sono stato certamente confuso dopo un solo caffè… ma insomma il tuo post qualcosa ha potuto.
    Un abbraccio
    Marco

    • Ciao Marco, grazie del tuo incoraggiamento e della tua interpretazione. Forse davvero il vero cambiamento siamo noi due che insieme decidiamo, cercando di non farci condizionare. E per il resto, che dire? Spero che quel “quasi” stia per sparire e che presto il vostro desiderio si possa realizzare e che le difficoltà affrontate siano ripagate dalla gioia di un nuovo “voi”.
      Non sono sicura di aver capito il perché della tanta differenza tra i primi post e questo, ma vabbè, a quest’ora son poco lucida anch’io 😉
      un abbraccio

  3. lalienorossonellettodelviva

    alla faccia del sadomaso!
    questo tipo di riflessioni le conosco bene, ultimamente le faccio pure io (ma di certo sono meno “importanti” perchè riguardano solo una persona) e spesso ci sei te che mi ascolti e/o leggi…non ho parole per rincuorarti, per dirti che andrà tutto bene di sicuro perchè ogni decisione comporta inevitabilmente una conseguenza e non si sa mai se sarà buona o brutta finchè non esplode.
    non vivo all’estero e non ho una figlia, ma vedo gli sforzi e i sacrifici che entrambi avete fatto in tutti questi anni.
    la mi opinione, in generale, la conosci…sta solo ed unicamente a voi, e per quanto mi riguarda non deve esserci nessun “gli altri” che batta qualsiani “noi” (senza offesa per tutti “gli altri”, per quanto tutte le opinioni siano sincere e genuine!).

    • Come sempre, parli poco ma quando ti ci metti sei una sentenza! 😉
      tesoro, grazie, sei sempre preziosa. E non credo che le tue decisioni siano meno “importanti”, sono solo con meno paletti, o meglio, con paletti diversi. Ma come dici giustamente, non ci si deve far influenzare troppo dagli altri. Un abbraccio e grazie per i tuoi commenti

  4. veronica

    certo che è un bel casino… ma vuoi mica aprire una muffineria a friburgo? sarebbe un’idea, no?
    io non so se posso capirti, credo un po’ sì e un po’ no. un po’ sì, perché ho cambiato molte volte, e allora non esiste il cambiamento della vita, e non so manco se servono le liste dei pro e dei contro. si parte, se c’è da partire, e si rimane se c’è da restare. e basta.
    per dire, quando siamo arrivati a livorno, eravamo convinti e fortemente motivati dalla prospettiva di una vita migliore. adesso, dopo quattro anni e passa, ti posso dire che era l’illusione di una vita migliore, e basta. tante cose sono successe, tante persone e situazioni si sono rivelate un abbaglio. ma in quel momento avevamo desiderio e bisogno di farlo, e in questo senso abbiamo fatto bene, perché se no saremmo vissuti nel mito di una città (eccessivo) e nell’odio dell’altra (eccessivo uguale).
    e ora che siamo qua, come sai, quest’anno non ce la siamo sentita di rimpacchettare tutto, e qua siamo rimasti. perché? boh, chissà. è stato così e basta. ecco, io non guarderei indietro, a meno che l’indietro non ti pare che sia anche il tuo avanti.
    però c’è l’altro aspetto, quello della famiglia e degli affetti e dei legami eccetera. ecco, su quello io boh! non so proprio come si pesa. la mia famiglia siamo tre, a volte quattro (quando arriva mia mamma!), e quindi…
    basta, ho parlato troppo, ma insomma mi devo meritare la mia tessera o no? baci

    • Tessera ad honorem, signora, non si preoccupi, e fa sempre piacere sapere cosa pensano gli altri e condividere i pensieri. E per tutto il resto, beh, forse devo solo aspettare e lasciare che le cose accadano, che ci sia qualche altro evento e poi seguire la pancia, come dice sempre mia zia.
      E la cosa del non farsi condizionare troppo, “io non guarderei indietro, a meno che l’indietro non ti pare che sia anche il tuo avanti.”, l’hai espressa benissimo e so cosa vuoi dire, solo che non so ancora se davvero non è il mio avanti.
      Oggi sono per l’attesa. Vediamo che succede.

  5. Intanto la Germania non è solo il Baden-Württemberg. Negli altri Länder la gente è più alla mano, amichevole, flessibile e socievole.

    E se arrivare ad una competenza C1 di tedesco, minima per un qualche altro lavoro, fosse davvero così difficile come sembra?

    Questo posso escluderlo. Per di più se sei insegnante di lingue (quindi hai una predisposizione e/o passione per le lingue) mi stupirei se dopo tre anni in Germania non superassi un esame C1.

    Sulle altre domande dovete vedere un po’ voi. Però dubito che esistano motivi sufficienti per tornare nel traballante e declinante (e comunque povero) mercato del lavoro italiano.

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