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Il vicino di casa? Senza filtro, danke!

La schiettezza dei tedeschi talvolta mi spiazza. Ieri mattina sono andata a suonare al mio vicino di casa del piano di sopra, un tipo simpatico e gioviale che si ferma spesso a fare due chiacchiere, parla veloce, si mangia le parole, ha un accento diverso da quello di qui, e io in media capisco il 30% di quello che mi dice, ma sembra dire cose simpatiche. Sorrido alle sue battute, o almeno a quelle che penso siano battute. Secondo me pensa che io abbia una paresi facciale perché sorrido sempre.

Insomma, ieri mattina passa da casa nostra per chiederci se disturba ad allenarsi a tennis da tavolo tra le 7 e le 10 di domenica mattina. Mio marito, perplesso dal contenuto della comunicazione e con la bimba febbricitante attaccata ai pantaloni del pigiama, lo ascolta con scarsa concentrazione, ma appena finisce di parlarci e quello se ne va, viene colto dal dubbio di aver capito male. Il vicino ha parlato di un torneo a cui deve partecipare. Ma ha detto anche altro. Continua a leggere

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Crisi di identità improvvise. Ma io, alla fine, che emigrante sono?

E soprattutto, dove sto andando?

immagine tratta dal web

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Qualche giorno fa sono andata alla VHS per cercare un corso di inglese da fare a tempo perso. E mentre mi avventuravo nell’aula per fare il test di inglese, ho visto che c’era anche una collega di italiano in attesa di qualche aspirante studente da consigliare. Così da brava ficcanaso, appena finito il test, mi sono fiondata nell’aula di italiano/spagnolo e mi sono presentata, dal nulla, all’ignara collega.

Convenevoli, frasi di circostanza, qualche domanda di rito e in 5 minuti ci siamo sommariamente raccontate le rispettive vite.

E lei: ah, io rimando tutti a casa! Non ci restare in Germania, no no no! Continua a leggere

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Il linguaggio segreto della bimba

I bimbi, si sa, hanno un loro personale linguaggio che si evolve di giorno in giorno e che non sempre ha una traduzione precisa nella nostra lingua comune, nel mio caso l’italiano.

La mia bimba è esposta a due lingue, l’italiano e il tedesco. Da quando ha nove mesi va regolarmente al nido. O meglio, prima dalla tagesmutter, poi ad un asilo nido pomeridiano e finalmente all’asilo nido mattutino che frequenta tuttora. La nostra intenzione di genitori italici, con una conoscenza tutto sommato limitata del tedesco (ce la caviamo, ma non potremmo insegnarlo, ecco), è sempre stata che la bimba fosse il più possibile esposta anche al tedesco e che potesse stare con altri bambini  della sua età. E devo dire che la cosa ha dato i suoi frutti. Adesso che ha due anni la lingua predominante è ovviamente l’italiano, ma sembra capire molto bene quando le parlano in tedesco e conosce molte parole, anche se non credo che faccia delle frasi complete. Raramente mescola le due lingue, solo qualche volta se ne esce con degli ibridi del tipo “mamma, io vojo apfel” oppure cose come “no, no, no, io le schuhe no metto io”. Continua a leggere

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Il futuro – riflessioni sadomaso

L'immagine più soft che abbia trovato...- presa dal web

L’immagine più soft che abbia trovato…- presa dal web

I titoli li faccio così, mettendoci sempre i doppi sensi, per aumentare le visite degli ignari visitatori. Ma sulle strane ricerche che portano a queste pagine dedicherò presto un secondo capitolo. Andiamo oltre.

Ma stavolta il sadomaso c’entra, almeno un pochino. Stare a farsi le pippe mentali sul futuro è un po’ da masochisti, ammettiamolo. E anche fare dei post su questo tema, in modo che altri condividano le proprie paranoia, è un po’ da sadici. Ma tant’è, stasera, anzi stanotte, va così.

La bella nevicata, placida ma apparentemente instancabile che si sta consumando fuori dalla mia finestra di certo concilia un umore più meditabondo del solito. E allora meditiamo, una volta tanto. Non voglio fare speculazioni sul futuro, chiedermi come sarà la mia vita tra tot anni o cose del genere. Le mie meditazioni sono ben più terra terra. Il punto è: dove voglio andare? Cosa voglio fare? Continua a leggere

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casa dolce casa, dove sei?

Casa mia, ti cerco e non ti trovo.

Per me il concetto di casa era sempre stato chiaro, in tutti i miei viaggi, in tutti i miei spostamenti, rimaneva sempre un baricentro, un luogo di ritorno che consisteva fisicamente nel mio appartamento e affettivamente nella mia città – famiglia, amici e mare inclusi.

Poi ad un certo punto, questo trasloco internazionale, la nuova casa, la nuova vita, hanno dato un duro colpo a questa mia certezza. Un giorno, mentre ero tutta impegnata a studiare tedesco in un corso di integrazione (santo Integrationskurs, una manna dal cielo per gli immigrati!) esce fuori il topic “patria”, e noi studenti diligenti ci buttiamo a pesce sugli articoletti del libro. Così, tra un’intervista a un turco e una testimonianza di una vietnamita, ci ritroviamo a cercare di esprimere il nostro concetto di “patria” e di “casa”. Da lì ho iniziato ad interrogarmi sul serio. Dopo due anni e rotti passati all’estero, una figlia nata in un paese diverso dal mio, una casa che sento mia ma lontana dalla mia “vera” casa di Livorno, per me è difficile capire cosa sia davvero casa mia. Continua a leggere

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