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In questi giorni ho scritto decine di post. Tutti nella mia testa e nemmeno uno sul mio quadernino o sul mio computer. Stamattina poi ho quasi scritto un trattato, mentre andavo da casa all’asilo, con due bimbe, lo zaino, il vento in faccia e quell’aria sempre a metà tra lo sciagattato e il disperato. Ovviamente il trattato era tutto nella mia testa, scrivevo e scrivevo e addirittura vedevo le cose scritte davanti ai miei occhi, le lettere e le parole che comparivano, come su un foglio. Come esercizio non è male, fantastico tra l’altro per estraniarsi per qualche minuto dal cicaleccio interminabile della mia bimba. Lei parla. Tanto. Sempre. Senza sosta. In continuazione. Parla. E io, che pure sono una chiacchierona di prima categoria, per la prima volta in vita ho capito l’impagabile valore del silenzio. Così stamattina stavo nel mio “happy place”, mentre lei chiacchierava con me, coi fiori, con la sorella, con i muretti, con le formiche, e scrivevo parole virtuali nel mio cervello. Continua a leggere

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Nostalgia che (per una volta) non mi appartiene

Stamattina mi sono svegliata un po’ storta. Non nel senso di cattivo umore (anche se a Livorno si direbbe proprio “ti sei svegliata col bu’o storto”) ma proprio nel senso vero del termine: con un po’ di torcicollo e in generale non in formissima. Poi la bimba, che il fine settimana ha la sveglia puntata tra le 6 e le 6 e mezzo, stamattina si è svegliata all’alba, sì, per il latte, ma poi bella al calduccio addosso (letteralmente) al su babbo, ha continuato a dormire beata – lui mi sa un po’ meno. E visto che è lunedì alle 8 passate ancora non si svegliava. Ho provato con carezze, sussurri, qualche scossettina, ma nulla. Ho provato a prenderla per la gola, informandola che andavo a fare colazione, argomentazione che fa sempre leva, visto che è una sorta di aspirapolvere – come si può vedere qui–  ma non ha funzionato:

-Sara, mamma va a fare a colazione.

– E io no!- e si è rigirata, tipo bozzolo, nella sua copertina morbida e sdrucita.

La prima copertina della bimba

La prima copertina della bimba

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Premio!!!

Liebster_AwardHo ricevuto un auord, un premio, e ne sono contentissima, visto che mi arriva da un blog che mi piace assai e che seguo con sommo divertimento (non perché rida delle disgrazie dei precari, eh, ma perché il blog è proprio bello). LA DISOCCUPAZIONE INGEGNA mi ha onorata del Liebster blog award!

Vorrei pavoneggiarmi un po’, visto che già un’altra blogger mi aveva fatto un simile onore, conferendomi sempre questo premio, ma vista l’ora tarda mi fermo qui, che è meglio, e mi accingo ad elencare le regole del graditissimo regalo (diverse dalla prima nomination ricevuta due mesi fa).

Ecco le regole:

1 Elencare 11 cose che mi riguardano
2 Rispondere alle 11 domande a me rivolte da La disoccupazione ingegna
3 Scrivere 11 domande per le persone che nominerò a mia volta
4 Invitare a mia volta altre 11 persone, di cui apprezzo il blog. Continua a leggere

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Cin cin

Intanto leviamoci il pensiero: buon anno, buon inizio, tante belle cose, auguri a tutti.

Poi l’augurio indispensabile e imprescindibile: che il 2013 sia un anno meno di merda del 2012.

E poi alla fine il succo del post di oggi. Oggi, 1° gennaio,  che è giornata carica di buoni propositi, ricerca di buone vibrazioni, con un occhio rivolto ai bilanci fatti ieri e ancora in corso oggi. I bilanci del 2012, che volente o nolente mi toccano, anche se li ho evitati fino all’ultimo, sono arrivati inesorabili ad ammorbarmi questo primo giorno del 2013. Ma non era questo il succo del discorso, il succo era ancora il cibo. Come già fatto qui sono ancora in vena di lamentele (mi ripeto, “la lagna è il sale della vita” cit. ). Oggi mi va di lamentarmi ancora un po’, e ancora di cibo. Ieri sera ho concluso, spero, una delle maratone di pranzi, cene, caffè, mangiamo qualcosa insieme, facciamo uno spuntino ecc., più estenuanti degli ultimi anni. Ho mangiato come se non ci fosse un domani. Continua a leggere

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2012 in review

I regali di WordPress!!! Dalle amate statistiche, da cui ho anche tratto spunto per qualche riflessione senza meta proprio qui, WP ha tratto le informazioni che più sembravano interessanti, per farne un riassunto del 2012 che nel mio caso è il riassunto di poco meno di due mesi di vita. Eccolo:

I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un rapporto annuale 2012 per questo blog.

Ecco un estratto:

600 people reached the top of Mt. Everest in 2012. This blog got about 6.700 views in 2012. If every person who reached the top of Mt. Everest viewed this blog, it would have taken 11 years to get that many views.

600 persone hanno raggiunto la vetta del monte Everest nel 2012. Questo blog ha avuto circa 6700 visite nel 2012. Se ogni persona che ha raggiunto la vetta dell’Everest avesse visto questo blog, ci sarebbero voluti 11 anni per avere così tante visite.

Clicca qui per vedere il rapporto completo.

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Supermercato e sesso, così i visitatori naufraghi approdano qui

Stavolta non voglio fare un’altra apologia dell’apertura mentale dei tedeschi, che vendono vibratori in una catena di supermercati/profumerie (come potete leggere, se vi interessa, qui).  E nemmeno proseguire nella saga del gioco delle differenze tra tedeschi e italiani. No, stavolta voglio ispirarmi a uno dei blog che seguo, Tibten, per fare un ragionamento sulle chiavi di ricerca. In quel blog, infatti, ho letto alcuni post in cui si analizzano le parole chiave che hanno fatto arrivare i visitatori al blog stesso. WordPress, la piattaforma che ospita anche questo blog, offre questo simpatico strumento, che tra i numerosi dati e statistiche riguardanti il traffico e la provenienza delle visite (vi annuncio che è iniziata la campagna di conquista anche della Russia!!!), elenca le parole che l’incauto visitatore ha digitato su un motore di ricerca (Google o altri) e che, ahilui, lo hanno fatto approdare su queste pagine.

Purtroppo non posso vantare la stessa varietà di chiavi di ricerca di Tibten e nemmeno lo stesso grado di perversione, ma devo dire che in poco più di un mese ho raccolto delle piccole chicche… Continua a leggere

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Progetti didattici ma non natalizi (forse)

immagine presa dal web

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E TU, NELL’ANIMA, SEI PIU’ ITALIANO O PIU’ TEDESCO?

A Natale, o dintorni, la tentazione di un bel post natalizio preme, invita, chiama. E non è detto che non ci caschi anch’io. Stando a Friburgo, poi, con la neve che scende beata a fiocchi e i mercatini di Natale che ammiccano colorati e luminosi, è facile farsi prendere dal clima festaiolo. Poi c’è anche il fatto che sarà più di un mese (dall’inizio di novembre direi) che spuntano le decorazioni, le stelline, le paillettes, le scritte glitter, un trionfo del kitsch natalizio insomma, e alla fine una un po’ si fa trascinare, anche se non è che di solito impazzisco per il Natale.

Ma per resistere alla tentazione del post natalizio, mi sono concentrata sul lavoro. O meglio: visto che sto lavorando a una cosa piacevole e divertente, ho pensato di condividerla. Continua a leggere

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Ho ricevuto un premio…wow!!!!!

Stupore e un po’ di emozione, ho ricevuto un premio da un’altra blogger, il Liebster Award
La gentile Gaia, autrice di un ricchissimo blog di ricette speciali (e non solo), mi ha piacevolmente sorpresa omaggiandomi di questo award.
La ringrazio tantissimo!!
Ecco le regole del premio:
Intanto va accettato, e chi non lo farebbe? (in realtà qualcuno lo conosco, ma ve lo svelo dopo…)

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Non sono sola in questa Germania

ovvero delle fonti infinite d’ispirazione.

La rete, si sa, offre tanti spunti e tante idee, e si trova di tutto, proprio di tutto.

Sinceramente, prima di iniziare a scrivere questo blog, non avevo mai cercato in rete niente che riguardasse il confronto tra italiani e tedeschi, o umorismo sui tedeschi e sugli italiani.

Falso. In realtà l’avevo fatto, ma sempre a scopo didattico, non per mio personale sollazzo.

La cosa più usata per i miei corsi, come rompighiaccio, è di sicuro il video di Bozzetto sul caffè.

Un grande classico, adatto a tutti i livelli (anche i principianti assoluti lo capiscono) e ottimo spunto sia per una lezione “classica” su come si ordina al bar, che per una lezione “libera”, di conversazione.

Un’altra cosa carina che avevo trovato, e che poi avevo usato in un lavoro piuttosto articolato sulle differenze tra italiani e tedeschi e su cosa amassimo/odiassimo dei nostri rispettivi paesi, era un progetto del Goethe Institut realizzato dai giornalisti Beppe Severgnini e Mark Spörrle – Berlino/Palermo. Tra video e articoli sul blog, c’erano spunti a palate. Coi miei studenti ci siamo divertiti un sacco a fare i confronti, ma siamo sempre rimasti, più o meno, nel politicamente corretto.

In realtà ero stata un po’ naive e non avevo riflettutto sul fatto che, come me, tanti altri vivevano questa situazione di straniamento. Falso di nuovo. Ci avevo riflettutto, lo devo ammettere, anche perché  ci sarebbero tutti gli amici italiani in carne ed ossa, con cui condivido le lagne gastronomico-climatiche-modaiole, che testimonierebbero contro di me. Semplicemente non avevo pensato al fatto che anche altri stessero raccontando delle storie così simili alla mia, che anche altri (ma soprattutto altrE) vedessero quasi coi miei stessi occhi questa immersione in crucconia. Ma si sa, l’egocentrismo a tratti mi offusca la mente… Continua a leggere

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Il potere della parola (scritta)

La terapia della parola scritta. Un mezzo per (ri)costruire la propria identità

Mi cucio addosso un tailleur di parole

Oggi sul tram frasi confuse e parole sparse mi si accavallavano nella mente, e il primo impulso è stato quello di scriverle, di buttare giù degli appunti per fare chiarezza, per riordinare, letteralmente, le idee. Poi però mi sono persa nel rincorrere un pensiero che non riusciva a fermarsi e a farsi capire, forse cercavo di ricordare una cosa che avevo letto o sentito. Così le parole hanno continuato a fluire e a mescolarsi come un prisma ed ho avuto la netta sensazione che, fino a che erano solo parole in testa, fossero liquide. Ed ho pensato invece alla concretezza, alla solidità della parola scritta e lì mi è partito il pensierone filosofico della giornata. All’improvviso ho avuto un’immagine nitida di un vestito fatto di parole, un po’ come una stoffa con la stampa di un giornale, che uno poi se ne compra un paio di metri e ci fa un tailleur.

Ho pensato che questa mania di scrivere che ho sempre avuto fosse un modo per cucirmi addosso un vestito, per creare un’identità visibile alla me stessa invisibile. Continua a leggere

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