In questi giorni ho scritto decine di post. Tutti nella mia testa e nemmeno uno sul mio quadernino o sul mio computer. Stamattina poi ho quasi scritto un trattato, mentre andavo da casa all’asilo, con due bimbe, lo zaino, il vento in faccia e quell’aria sempre a metà tra lo sciagattato e il disperato. Ovviamente il trattato era tutto nella mia testa, scrivevo e scrivevo e addirittura vedevo le cose scritte davanti ai miei occhi, le lettere e le parole che comparivano, come su un foglio. Come esercizio non è male, fantastico tra l’altro per estraniarsi per qualche minuto dal cicaleccio interminabile della mia bimba. Lei parla. Tanto. Sempre. Senza sosta. In continuazione. Parla. E io, che pure sono una chiacchierona di prima categoria, per la prima volta in vita ho capito l’impagabile valore del silenzio. Così stamattina stavo nel mio “happy place”, mentre lei chiacchierava con me, coi fiori, con la sorella, con i muretti, con le formiche, e scrivevo parole virtuali nel mio cervello. Continua a leggere
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Nostalgia che (per una volta) non mi appartiene
Stamattina mi sono svegliata un po’ storta. Non nel senso di cattivo umore (anche se a Livorno si direbbe proprio “ti sei svegliata col bu’o storto”) ma proprio nel senso vero del termine: con un po’ di torcicollo e in generale non in formissima. Poi la bimba, che il fine settimana ha la sveglia puntata tra le 6 e le 6 e mezzo, stamattina si è svegliata all’alba, sì, per il latte, ma poi bella al calduccio addosso (letteralmente) al su babbo, ha continuato a dormire beata – lui mi sa un po’ meno. E visto che è lunedì alle 8 passate ancora non si svegliava. Ho provato con carezze, sussurri, qualche scossettina, ma nulla. Ho provato a prenderla per la gola, informandola che andavo a fare colazione, argomentazione che fa sempre leva, visto che è una sorta di aspirapolvere – come si può vedere qui– ma non ha funzionato:
-Sara, mamma va a fare a colazione.
– E io no!- e si è rigirata, tipo bozzolo, nella sua copertina morbida e sdrucita.
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Progetti didattici ma non natalizi (forse)
E TU, NELL’ANIMA, SEI PIU’ ITALIANO O PIU’ TEDESCO?
A Natale, o dintorni, la tentazione di un bel post natalizio preme, invita, chiama. E non è detto che non ci caschi anch’io. Stando a Friburgo, poi, con la neve che scende beata a fiocchi e i mercatini di Natale che ammiccano colorati e luminosi, è facile farsi prendere dal clima festaiolo. Poi c’è anche il fatto che sarà più di un mese (dall’inizio di novembre direi) che spuntano le decorazioni, le stelline, le paillettes, le scritte glitter, un trionfo del kitsch natalizio insomma, e alla fine una un po’ si fa trascinare, anche se non è che di solito impazzisco per il Natale.
Ma per resistere alla tentazione del post natalizio, mi sono concentrata sul lavoro. O meglio: visto che sto lavorando a una cosa piacevole e divertente, ho pensato di condividerla. Continua a leggere
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Ho ricevuto un premio…wow!!!!!
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Il potere della parola (scritta)
La terapia della parola scritta. Un mezzo per (ri)costruire la propria identità
Oggi sul tram frasi confuse e parole sparse mi si accavallavano nella mente, e il primo impulso è stato quello di scriverle, di buttare giù degli appunti per fare chiarezza, per riordinare, letteralmente, le idee. Poi però mi sono persa nel rincorrere un pensiero che non riusciva a fermarsi e a farsi capire, forse cercavo di ricordare una cosa che avevo letto o sentito. Così le parole hanno continuato a fluire e a mescolarsi come un prisma ed ho avuto la netta sensazione che, fino a che erano solo parole in testa, fossero liquide. Ed ho pensato invece alla concretezza, alla solidità della parola scritta e lì mi è partito il pensierone filosofico della giornata. All’improvviso ho avuto un’immagine nitida di un vestito fatto di parole, un po’ come una stoffa con la stampa di un giornale, che uno poi se ne compra un paio di metri e ci fa un tailleur.
Ho pensato che questa mania di scrivere che ho sempre avuto fosse un modo per cucirmi addosso un vestito, per creare un’identità visibile alla me stessa invisibile. Continua a leggere
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